Ciò che amo dell’inverno è quello stato di immobilità.
Nella natura tutto appare immobile e silenzioso.
Gli alberi così nudi e appena velati di brina ghiacciata,
sembrano trattenere il respiro
per resistere al gelo che avanza.
A infrangere la staticità del paesaggio,
qualche raro volo di uccello
e, a volte, la discesa silenziosa della neve.
Ma anche i fiocchi scendono piano,
sono piume leggere che si attardano nell’aria,
per non turbare quella quiete.
Inverno è quiete dell’attesa,
non è il sonno mortale
da cui non si attende risveglio.
Lo senti nell’aria gelata sulle guance,
nel respiro che si fa nuvola,
nelle tue gambe che si muovono in fretta
per raggiungere un caldo riparo.
Lo senti che qualcosa arriverà,
sta già arrivando
ed è tutto così sacro e bello,
anche se non ha il profumo dei fiori di primavera,
né lo splendore della luce in estate,
né i colori accesi dell’autunno.
Sacro è il cuore dell’uomo che attende,
attende la rivelazione di chi è davvero,
la caduta di ogni velo
di ogni muro
di ogni barriera che lo separa da sé stesso e dagli altri.
E chi mi rivela chi sono
Se non Tu, mio Signore e mio Dio,
che ancora nasci,
Ti abbassi,
Ti nascondi nei recessi più bui del mio cuore impaurito?!
L’inverno, anche l’inverno,
mi parla di Te,
del Tuo amore,
della Tua Misericordia,
del Tuo esserci, da sempre e per sempre,
per spezzare le catene mie e della umanità
per svelarci la bellezza di anime liberate,
riplasmate, immacolate.
Vieni, Signore Gesù,
vieni nel buio e nel freddo di questo inverno
che addormenta il mondo.
Io ti sto aspettando, Signore.
Monica Felisati,
Membro Faustinum di Lussemburgo