La pericope scelta per la domenica odierna segue immediatamente quella di domenica scorsa e continua la descrizione dell’azione di Gesù, soffermandosi sul suo insegnamento e su di un episodio di esorcismo, che ha un significato molto particolare per l’evangelista Marco. Egli infatti vi riconosce un’attività specifica del Messia e il segno chiaro dell’instaurarsi della basileia divina (signoria di Dio, regno di Dio) che vince il potere del male.
L’azione si sposta dal lago (1,16 ss) alla cittadina di Cafarnao, luogo in cui abita Simone e che diventerà in un certo senso la città di Gesù. Come ogni pio israelita egli partecipa al culto del sabato, ogni adulto poteva essere chiamato a commentare il testo della Scrittura letto nella sinagoga. L’evangelista ci informa che egli insegnava: l’insegnamento di Gesù ha caratteristiche particolari, sembra un suo atteggiamento tipico.
Non ci viene detto subito cosa insegnava (il Vangelo lo racconta in seguito) ma ci viene mostrato la reazione di coloro che lo stanno ad ascoltare: tutti sono stupiti e gli riconoscono una autorità assoluta che soppianta quella degli scribi, cioè i teologi ufficiali e quelli che ritenevano di essere esperti di Dio. Gesù è un vero maestro che “mette a tacere” gli altri maestri, quelli che poi si scateneranno contro di lui per farlo tacere a loro volta: scribi e farisei. E questa lotta di contrapposte autorità si manifesta fin da quel momento, con quel indemoniato che si mette a gridare contro Gesù. Questo personaggio, che stranamente si trova nella sinagoga, si scatena solo quando una vera autorità si mette a parlare. Gesù ha un insegnamento che mette in discussione e demolisce le false sicurezze di una religiosità più fondata sulla forza della paura, sul rispetto delle regole e sulla chiusura verso l’esterno. Gesù insegna un nuovo modo di relazionarsi con Dio e con gli altri fondato sull’amore e il servizio, e questo non può che irritare chi predicava in senso contrario.
Gesù però in questo modo mostra una autorità superiore, perché per primo vive quello che insegna e non fonda le sue parole sulla paura, sul controllo delle menti e della vita, ma sull’amore e la fiducia nei discepoli. Nel racconto infatti non scaccia l’indemoniato, ma lo libera da quel fondo di male che un modo sbagliato di vivere la religione (quello coltivata da scribi e farisei) lo teneva prigioniero. Gesù è un maestro che libera e non sottomette, non obbliga nessuno ma propone una strada che per primo percorre. E sappiamo bene che proprio sulla croce Gesù mostrerà la sua massima autorità, portando fino in fondo il suo insegnamento con il dono totale di sé. La croce sarà il suo più alto e glorioso pulpito dove insegnare, molto diverso dai pulpiti dorati e alti di coloro che volevano insegnare con pugno e con segni di potere.
I suoi discepoli sono chiamati ad imparare questo modo di vivere l’autorità, e che dovranno poi esercitare quando il Maestro avrà lasciato loro spazio. Non sarà facile… e la tentazione di confondere l’autorità con il potere sarà sempre presente.Questo passo di Vangelo diventa un’occasione di verifica anche dello stile che abbiamo dentro le nostre comunità e in particolare per chi ha un compito di esercitare l’autorità e di guida (preti, consiglio pastorale, catechisti, responsabili di gruppi, animatori…). Il male più grande è proprio quando in una comunità (qualsiasi tipo di comunità, anche quella sociale…) sembra comandare solo chi ha più potere economico, di persuasione, di forza fisica. Santa suor Faustina nell’ abbozzo di regole per la Congregazione che pensava dovesse fondare, in riferimento all’ufficio della Superiora e del modo in cui deve esercitare il servizio dell’autorità, scrive queste splendide righe piene di buon senso e di equilibrio umano e spirituale: “La superiora… Non faccia prediche alle suore, ma dia l’esempio di una profonda umiltà e di rinnegamento di sé e questo sarà l’insegnamento più efficace per le suddite. (…) La superiora deve distinguersi per l’amore concreto verso le suore; prenda ogni difficoltà sulle proprie spalle; per alleggerire gli impegni alle suore, non pretenda alcun servizio da parte delle suore, le rispetti come spose di Gesù e sia sempre pronta a servirle sia di giorno che di notte; sia più propensa a pregare che a comandare. Abbia un cuore sensibile per le sofferenze delle suore ed essa stessa studi e si concentri su di un libro aperto, Gesù Crocifisso.” (Diario 568) Le parole scritte dalla nostra Santa possono essere un’ottima meditazione applicata per vivere questa pagina evangelica.
Chiediamo che il Signore pronunci di nuovo quella frase liberatoria del Vangelo: “Taci, esci!” in modo che il male del potere e della violenza esca da ogni comunità, e così risulti vincente il suo stile, un’autorità che non si impone, perché trova forza nell’amore totale che vive per primo quello che insegna. Amen